Project Description
Per l’isola Martana in progetto l’operazione “AMALASUNTA”
La proposta di Alessandro Fioravanti
E’ un personaggio tutto da scoprire Alessandro Fioravanti. Ingegnere, classe 1917, ispettore onorario per i monumenti e le belle arti, nonché appassionato di immersioni, nel 1959 scoprì nei fondali dei Lago di Bolsena un grande insediamento di palafitte risalente all’età dei Ferro, il Grancarro. Fioravanti prosegue le sue ricerche subacquee in quel lago che è per lui una piccola patria. Nel 1977 sui fondali dell’isola Martana trova un’antica strada. L’anno seguente progetta il Museo Territoriale del Lago di Bolsena, che verrà realizzato nel 1991. Le scoperte di Fioravanti sono da “Guinness dei Primati”. Dalle vestigia sommerse dei porto etrusco di Bisenzo all’insediamento di Monte Senano, il suo fiuto ha dato alla storia dei nostro paese nuove testimonianze. Nel 1986 è di nuovo sui fondali dell’isola Martana, dove trova elementi per ridisegnare un porto di età medioevale. Dei 1986 è pure l’Operazione Setians, dal nome dei dio etrusco dei vulcano che generò il lago di Bolsena. Una ricerca multidisciplinare che ha dato grandi risultati. Fra questi il ‘sasso tagliato’ un’opera pubblica etrusca, tutt’ora misteriosa, che serviva per regolare il livello delle acque dei lago di Bolsena. Ora Fioravanti vuole lanciare l’operazione Amalasunta, utilizzando metaldetector subacquei. Il luogo dell’operazione? L’isola di Martana. Un passo all’indietro nella storia e siamo all’età dei Bronzo. “In quei tempi lontanissimi l’isola era separata dalla terraferma da un breve braccio di acque, largo circa 50 metri e profondo neppure un paio di metri – spiega Fioravanti – Fu facile gettare un terrapieno di pietrame per renderla accessibile. Oggi il lago si è innalzato e, in quei punto, ci sono circa 7 metri di acqua”. Le costruzioni dell’uomo evidentemente non sempre si rivelano azzeccate. Fioravanti ce ne da una conferma: ” Purtroppo – dice il ricercatore di Bolsena – negli anni Ottanta, sulla terraferma antistante è stato costruito un grande molo per il porto di Marta, che ha sconvolto il regime di circolazione delle correnti in modo tale che tutta la vasta zona si è ricoperta di uno strato di limo bianco finissimo di circa 10, 20 centimetri di spessore, che ha interessato tutto il fondale: e la strada non si vede più”. Quel terrapieno è scomparso, ma si può cercare di ritrovarne traccia. “Soltanto ora ci si è resi conto dell’eccezionale importanza di quest’opera dell’uomo che potrà avere dei grossi riflessi sulla geocronologia, sullo studio dei clima e dei sedimenti ed in definitiva sulla storia di questa terra, cioè l’archeologia. Tanto più che nelle tradizioni locali si favoleggia di una strada di Amalasunta…”. Insomma, il sasso nel lago è stato lanciato. Ora si tratta di dare corso ad un’operazione subacquea con metal detector.
L’unico strumento che potrebbe rilevare “un ammasso di pietrame vulcanico deposto su un sedimento vario e ricoperto da 10 a 20 centimetri di limo impalpabile”.
da “METAL DETECTOR” – Maggio-Giugno 2000 – Anno V Numero 3 (24)