IL relitto giace a 30 miglia al largo di Chioggia
***
CHIOGGIA Il ritrovamento è avvenuto sabato scorso a poche miglia dalla costa. La carlinga è rimasta impigliata nelle reti di un peschereccio
Recuperati i resti di un caccia americano
La fusoliera e le cinque mitragliere sono ancora intatte. La Procura militare di Padova ha aperto un’inchiesta
Le acque dell’Adriatico hanno restituito a sorpresa i resti di un velivolo risalente con tutta probabilità alla seconda guerra mondiale. Il ritrovamento risale a sabato scorso. La carlinga dell’aereo è rimasta impigliata nelle reti di un peschereccio nello specchio di mare antistante il porto di Chioggia, a poche miglia dalla costa. Sul momento i membri dell’equipaggio non hanno realizzato cosa fosse accaduto. Una volta issate a bordo le reti, si sono resi conto di essere incappati in un residuato bellico. A quel punto non hanno potuto far altro che informare la vicina Capitaneria di Porto.
Sono scattate rapidamente le operazioni di ripescaggio del relitto. La Capitaneria ha allertato la ditta specializzata nei recuperi dai fondali marini. Non c’è voluto molto per individuare i resti dell’aereo. Il velivolo è stato imbragato e riportato a galla. Poi sono scattate le procedure di messa in sicurezza. Il rottame è stato trasferito su un’imbarcazione e trasferito a terra. Si trova attualmente negli spazi della Capitaneria di Porto di Chioggia, a disposizione dell’autorità giudiziaria. Un primo dettagliato rapporto è stato trasmesso al sostituto procuratore presso il Tribunale militare di Padova Sergio Dini. Il magistrato ha aperto un fascicolo atti relativi. Nei prossimi giorni affiderà un incarico peritale ad un ufficiale dell’Aeronautica militare. La consulenza servirà a fare luce sulle caratteristiche dell’aereo.
Il dossier fotografico predisposto dalla Capitaneria di Porto su richiesta del magistrato ha comunque già fornito precise indicazioni. Si tratterebbe di un P 38 Lightning, uno dei velivoli maggiormente utilizzati dall’aviazione americana nel secondo conflitto. Nonostante siano trascorsi una sessantina d’anni dall’abbattimento il relitto si presenta ancora in discrete condizioni. È notevolmente arrugginito ma il salso non ha cancellato del tutto le insegne dell’aeronautica statunitense. Dai fondali dell’Adriatico sono stati recuperati la fusoliera, praticamente integra, e parte delle ali. Il P 38 Lightning conserva ancora cinque mitragliere. Sono stati recuperati persino alcuni colpi inesplosi.
All’interno della carlinga non sono state rinvenute tracce di resti umani. Evidentemente il pilota era riuscito a lanciarsi con il paracadute prima che l’aereo si inabissasse in Adriatico. Il ritrovamento sarebbe avvenuto ad una modesta profondità. Non si spiegherebbe altrimenti il fatto che la carlinga sia finita tra le reti del peschereccio.
Costruito dalla Lockheed Company nel 1937, assunse il nome di battaglia di “Lampo”. Il primo modello, il XP-38, solcò i cieli il 27 gennaio 1939. Questo prototipo sperimentale venne poi sostituito con una produzione in grande scala dal P-38 D, dotato di un mitragliatore da 37 millimetri e di altre quattro mitragliere da 12,7 millimetri.
Le prime consegne all’esercito americano risalgono all’autunno 1941. Nel corso degli anni successivi il velivolo è stato affinato fino alla versione definitiva, il P 381 di cui vennero costruiti quasi quattromila esemplari. Molti piloti si distinsero in guerra grazie alle straordinarie performances del cacciabombardiere. Era un aereo dotato di buona manovrabilità ed ottima resistenza ai voli di lunga durata. Il P 381 riusciva a rimanere in quota anche per dodici ore consecutive con un unico carico di carburante. Eccelleva in particolare nei combattimenti notturni e si dimostrava efficace nelle operazioni d’attacco. «Era un aereo meraviglioso – così lo ricordava Charles MacDonald, l’asso dell’aeronautica americana – il migliore che io abbia mai pilotato durante la guerra. Forniva prestazioni eccezionali nelle fasi di decollo. Ne ho apprezzato anche la velocità in volo, la maneggevolezza e la potenza di fuoco verso gli obiettivi nemici».
Luca Ingegneri
fonte: IL GAZZETTINO del 10 Agosto 2004